L'acqua minerale è un tipo di acqua sorgiva, solitamente commercializzata in bottiglia.
Descrizione
In Italia può essere venduta con la dicitura acqua minerale solo l'acqua che risponde ai criteri di legge stabiliti dal D.Lgs. nº 176 dell'8 ottobre 2011 (attuazione della direttiva 2009/54/CE), il quale recita: «Sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute». Per le acque potabili, le ultime due specificazioni (caratteristiche igieniche e proprietà salutari) non sono invece richieste. Se ne deduce quindi che le acque minerali siano alla fonte intrinsecamente superiori, già per previsione di legge, alle comuni acque potabili distribuite dalla rete idrica.
Il mercato delle acque minerali in bottiglia ha un'importanza particolare in Italia, che guida nettamente la classifica del consumo mondiale pro capite, con volumi che si sono triplicati dal 1985 (65 litri annui pro capite) al 2006 (194 litri annui)[2][3] (grossomodo lo stesso dato si registra nel 2012, con 192 litri di consumo pro capite, e un volume totale di 12,4 miliardi di litri[4]). Secondo dati disponibili al 2014, il volume d'affari in Italia è valutato in circa 2,3 miliardi di euro, per un settore produttivo che vede all'opera 156 società[4]. I profitti del settore, in Italia, sono giudicati "elevatissimi", anche in virtù dei canoni di sfruttamento, d'importi variabili da zona a zona, ma considerati, in generale, molto vantaggiosi[4].
Significativo è anche l'impatto ambientale, legato al trasporto di circa 6 miliardi di bottiglie e al loro successivo smaltimento[2][3]: nella sola Italia, una stima di Legambiente e Altreconomia fornisce un dato di oltre 6 miliardi di bottiglie in plastica da 1,5 litri, con impiego di "450 mila tonnellate di petrolio e l'emissione di oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2"[4].
Secondo la Fondazione AMGA, in Italia esisterebbero 514 etichette diverse[5], mentre secondo altre fonti addirittura 608[6] (un rapporto Legambiente del 2014 stima l'esistenza di 296 marchi[4]).
Classificazione
Per la legge italiana le acque minerali commerciabili possono essere divise in varie categorie secondo quanto indicato da un decreto legislativo del 1992[7]:
Per le acque il cui residuo fisso è compreso tra 500 e 1500 mg/l il decreto non fornisce indicazioni di nomenclatura.
Esistono poi altre categorie, sempre previste dal decreto, legate alla concentrazione di specifici sali minerali:
Etichetta
Registrazione dell'etichetta dell'acqua della fonte Fiuggi, 12 febbraio 1889
Etichetta dell'acqua da tavola Fonte italiana imbottigliata alla fonte di Rionero in Vulture (PZ), inizi del XX secolo.
L'insuperabile, etichetta dell'acqua da tavola imbottigliata alla fonte del Rionero in Vulture (PZ), inizi del XX secolo.
In Italia contenitori delle acque minerali devono riportare l'indicazione di
acqua minerale naturale, eventualmente integrata con una classificazione basata sul contenuto di anidride carbonica.
totalmente degassata se l'anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata totalmente eliminata;
parzialmente degassata, se l'anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata parzialmente eliminata;
rinforzata col gas della sorgente, se il tenore di anidride carbonica libera, proveniente dalla stessa falda o giacimento, è superiore a quello della sorgente;
aggiunta di anidride carbonica, se all'acqua minerale naturale è stata aggiunta anidride carbonica non prelevata dalla stessa falda o giacimento;
naturalmente gassata o effervescente naturale, se il tenore di anidride carbonica libera, superiore a 250 mg/l, è uguale a quello della sorgente;[9]
la denominazione dell'acqua minerale naturale ed il nome della sorgente ed il luogo di utilizzazione della stessa;
l'indicazione della composizione analitica, risultante dalle analisi effettuate, con i componenti caratteristici;
la data in cui sono state eseguite le analisi e il laboratorio presso il quale dette analisi sono state effettuate;
il contenuto nominale;
il titolare dell'autorizzazione regionale all'utilizzo dell'acqua;
il termine minimo di conservazione;
la dicitura di identificazione del lotto;[10]
informazioni circa alcuni eventuali trattamenti di separazione di elementi chimici.[11]
Altre indicazioni, eventualmente contenute sulle etichette sono permesse, ma non richieste dalla legge.